Ci sono momenti in cui un imprenditore sa perfettamente che la sua azienda non sta più in piedi.
Lo sente ogni mattina (a dire il vero, lo sente durante tutta la notte), appena apre gli occhi. Prima ancora di arrivare in officina e prima ancora di guardare il conto corrente.
Non servono commercialisti, banche o cartelle a dirlo: basta guardare in faccia la realtà.
È proprio in quel momento, quando la voce interiore ti sussurra che non ce la fai più, che si apre uno dei bivi più importanti della vita imprenditoriale: continuare a fingere che vada tutto bene, o iniziare a costruire un piano per uscirne con dignità.
Questa è la storia vera di un artigiano piemontese.
Una persona che ha lavorato duro per anni, gestendo una piccola carrozzeria, con competenza e determinazione.
Ma anche con la convinzione, come tanti, che bastasse lavorare bene per far quadrare i conti.
Poi un giorno, il conto non è più tornato. E lì è cominciato tutto.
Il bilancio che ha fatto scattare l’allarme
Quando ci ha contattati, era già chiaro che qualcosa non andava.
Aveva chiesto una mano per mettere ordine ai numeri dell’anno precedente, ma quel che è emerso dal bilancio è stato molto più grave di quanto si aspettasse.
- Crediti mai incassati, che sulla carta valevano migliaia di euro, ma nella realtà non si sarebbero mai visti.
- Magazzino con semilavorati difficili da quantificare, materiali sparsi tra vecchi ordini e riparazioni non concluse.
- Una perdita consistente, che non lasciava spazio a interpretazioni.
E, come se non bastasse, c’erano anche dei prelievi effettuati come “anticipi utili” dai soci, in un anno in cui l’utile non c’era proprio.
Non c’era più tempo da perdere.
Abbiamo deciso di affrontare la situazione con lucidità, mettendo sul tavolo tutte le opzioni, anche quelle più scomode.
La scelta più difficile: smettere di far finta
Perché sì, una delle cose più difficili per un imprenditore non è lavorare 12 ore al giorno.
È smettere di illudersi che tutto si sistemerà da solo.
Abbiamo passato ore a ricostruire le voci di bilancio con precisione, a rivedere uno per uno i crediti residui, a stimare correttamente le lavorazioni in corso. Tutto insieme al commercialista, alla moglie dell’imprenditore e con la supervisione legale del nostro avvocato.
Il quadro era chiaro: la situazione non era più sostenibile.
Ma non era neppure irrecuperabile.
La priorità, in quel momento, è diventata proteggere l’imprenditore come persona, non solo come figura societaria.
Fermare il declino, preparare la transizione
Così abbiamo elaborato un piano semplice, ma chirurgico:
- Chiudere il bilancio 2024 in modo neutro, senza peggiorare l’immagine della società, per non compromettere i rapporti con le banche e i fornitori.
- Portare l’azienda in liquidazione volontaria nel 2025, facendo emergere in modo trasparente tutte le perdite.
- Azzerare i rischi personali del titolare, evitando che venga coinvolto come garante o soggetto patrimonialmente esposto.
Nel frattempo, è cominciata la costruzione di una nuova strada.

Una nuova realtà, con un nuovo ruolo
Nel nostro caso, la strada è stata tracciata con decisione. Ecco le tappe:
L’idea era chiara fin da subito: se c’è voglia di continuare a lavorare, si può ripartire anche dopo una chiusura.
Solo che bisogna cambiare schema.
Nel suo caso, la soluzione era avviare una nuova società – una NewCo – gestita da persone di fiducia (la moglie, il figlio), dove lui avrebbe potuto rientrare come dipendente o responsabile tecnico, ma senza quote societarie, almeno per ora.
Un assetto più leggero, più protetto.
Senza esposizione diretta, senza crediti pendenti, senza l’ansia di una firma che ti insegue.
L’obiettivo non è azzerare tutto, ma ricominciare su basi diverse, più adatte al nuovo contesto.
E le banche? Il fisco? Gli immobili?
Ogni caso ha la sua storia.
Nel suo, la situazione era gestibile, ma delicata:
- Un finanziamento garantito da una fideiussione personale.
- Alcuni immobili condivisi con il coniuge.
- Rottamazione delle cartelle ancora in corso, ma in regola.
La chiave è stata muoversi prima che le cose precipitassero.
Aver rispettato le scadenze, anche le ultime, sarà una carta importante in caso di eventuale procedura di esdebitazione futura.
Perché quando si dimostra di aver fatto tutto il possibile per onorare gli impegni, anche la legge tende a riconoscerlo.
Bilancio 2025: la verità scritta nero su bianco
Il bilancio dell’anno in corso sarà il punto di svolta.
Sarà redatto con una premessa chiara: l’azienda non ha più prospettive economiche.
Sarà segnalato che:
- i crediti saranno rivalutati con criteri realistici,
- le lavorazioni in corso saranno riclassificate con prudenza,
- verrà dichiarata la mancanza di continuità aziendale.
Questo permetterà di avviare una liquidazione senza sorprese.
E, successivamente, la cancellazione per mancanza di attivo, senza passare per procedure giudiziarie invasive.
Il tutto evitando che qualcuno – banche, fisco o fornitori – possa rivalersi in modo aggressivo sul titolare.
Uscirne puliti, per ripartire leggeri
Oggi, quell’imprenditore piemontese sta per iniziare una nuova avventura.
Stessa esperienza, stessa voglia di fare… ma senza più il peso sulle spalle di una società che ormai era solo fonte di preoccupazione.
Non ha perso tutto.
Ha scelto di lasciare andare ciò che non funzionava più per salvare ciò che conta davvero: la propria serenità, la famiglia, la dignità.
E forse, anche il piacere di fare il suo lavoro.
Ti ritrovi in questa storia?
Se stai vivendo una situazione simile, non aspettare che sia il prossimo bilancio a metterti spalle al muro.
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Perché un’azienda si può chiudere.
Ma la tua storia di imprenditore può ancora ricominciare, anzi deve.