Ci sono momenti nella vita di un imprenditore in cui il silenzio pesa più del rumore. Quando il telefono squilla meno, quando le fatture diventano solo numeri e promemoria nella mente, quando le notti passano a contare quanto si deve anziché quanto si incassa.
Questa è la storia vera di un imprenditore delle Marche, titolare di un’azienda di abbigliamento che un tempo contava su un fatturato annuo tra i 400 e i 500 mila euro. Una realtà artigianale, solida, apprezzata nella zona. Poi, un rallentamento. Una crisi. Una caduta lunga e silenziosa che lo ha portato a confrontarsi con la parola che ogni imprenditore teme: sovraindebitamento.
Una società che resiste solo sulla carta
Quando ci ha contattato per la prima volta, la sua voce era calma, ma dietro le parole si nascondeva l’ansia di chi ha già vissuto troppi conti da pagare e troppe risposte vaghe. Era accompagnato dal suo consulente di fiducia, un fiscalista con il quale lavora da anni.
L’azienda, una SNC, è ancora formalmente attiva. Ma nei fatti è ferma da fine 2023. L’unico movimento mensile? Un affitto di marchio a una SRL, 3.000 euro che servono a coprire le spese minime. Il cuore produttivo è spento. La macchina si è fermata.
E i debiti, quelli no. Quelli continuano a correre.
300.000 motivi per sentirsi bloccati
L’analisi preliminare della posizione debitoria non ha lasciato molti dubbi: tra l’azienda e i soci, l’esposizione ha superato i 300.000 euro. Una montagna di crediti iscritti in riscossione, principalmente verso lo Stato – Agenzia delle Entrate e INPS – con qualche traccia bancaria ancora da chiarire.
Un importo che pesa sul presente, ma ancor di più sul futuro. Come si fa a ripartire se il primo passo è già troppo pesante?
Il consulente, uomo esperto di fisco e contenziosi, conosce bene la difficoltà di proporre soluzioni concrete in queste situazioni. Ma ha avuto il merito di non chiudersi. Ha voluto capire. Ha partecipato alla call. E ha fatto le domande giuste.
La consapevolezza: primo passo verso la rinascita
Nel confronto, una cosa è emersa con chiarezza: l’imprenditore non ha più voglia di nascondersi. Ha capito di avere un problema. E ha espresso, a suo modo, la volontà di affrontarlo.
Questo, per noi, è già un punto di svolta. Perché non esiste percorso di risanamento che non parta da qui: dalla consapevolezza. Non solo della situazione debitoria, ma del fatto che nessun problema si risolve da solo. Né tantomeno ignorandolo.
Lo abbiamo detto chiaramente: ci sono due strade nette. Una è non pagare nulla e attendere che i creditori si muovano. Con tutto ciò che ne consegue: pignoramenti, revoche, sofferenze bancarie, segnalazioni. L’altra è pagare tutto. Impossibile, evidentemente. In mezzo, però, c’è la strada che offre la legge: la composizione negoziata della crisi.

Una nuova realtà, con un nuovo ruolo
Nel nostro caso, la strada è stata tracciata con decisione. Ecco le tappe:
L’idea era chiara fin da subito: se c’è voglia di continuare a lavorare, si può ripartire anche dopo una chiusura.
Solo che bisogna cambiare schema.
Nel suo caso, la soluzione era avviare una nuova società – una NewCo – gestita da persone di fiducia (la moglie, il figlio), dove lui avrebbe potuto rientrare come dipendente o responsabile tecnico, ma senza quote societarie, almeno per ora.
Un assetto più leggero, più protetto.
Senza esposizione diretta, senza crediti pendenti, senza l’ansia di una firma che ti insegue.
L’obiettivo non è azzerare tutto, ma ricominciare su basi diverse, più adatte al nuovo contesto.
Una via concreta, legale e sostenibile
Grazie all’analisi svolta in fase preliminare, abbiamo potuto confermare che esistono tutti i presupposti per accedere al Codice della Crisi d’Impresa. La SNC, essendo sotto le soglie minime, non è soggetta a fallimento. I soci, essendo solidalmente responsabili, devono essere inclusi nel piano. Ma è possibile lavorare su entrambi i fronti, in modo organico e coerente.
Il percorso prevede:
- raccolta documentale completa (entro 30 giorni),
- redazione di un piano industriale sostenibile,
- incontri informali con l’OCC per una validazione preliminare,
- presentazione ufficiale del piano,
- e infine, l’omologa.
Il tutto in circa 5-6 mesi.
La vera domanda, però, è: quanto si può realmente risparmiare?
Dalla montagna al gradino: abbattere il debito
Abbiamo illustrato le possibili forbici di riduzione: nei casi trattati da Profiqua, l’abbattimento del debito può variare tra il 60% e oltre il 90%. Tradotto in cifre: da 280.000 euro si potrebbe scendere a una cifra tra i 40.000 e i 60.000 euro, forse anche meno.
È una speranza concreta, ma mai una promessa. Ogni piano è unico e viene valutato da un organismo terzo. Tuttavia, l’esperienza ci dice che, con una documentazione completa, un piano credibile e la volontà di pagare almeno una parte, le probabilità di successo sono alte.
A questo importo va aggiunto, ovviamente, il costo della procedura: 36.000 euro, che includono tutto il lavoro tecnico, l’attestazione, il coordinamento, l’assistenza fino all’omologa. Un investimento, certo. Ma anche l’unica possibilità reale per uscire dal pantano e tornare a camminare.
E la rottamazione? Un’illusione a metà
Durante il confronto è emersa anche l’idea di attendere una futura rottamazione (la cosiddetta “quinques”), con la speranza di abbattere il debito con uno sconto di Stato. Ma anche qui, serve chiarezza.
Le rottamazioni, per esperienza, offrono sì un taglio del debito – ma raramente superano il 40-50%. Inoltre, non tutte le cartelle sono ammesse: quelle notificate dopo il 31/12/2023 ne resterebbero escluse. E l’INPS, spesso presente nei carichi, raramente è oggetto di sconti significativi.
Detto in parole semplici: sperare in una rottamazione può diventare un altro modo per rimandare. E il tempo, quando si hanno debiti, lavora sempre contro.
La scelta: fare i conti con il proprio futuro
L’imprenditore marchigiano lo ha capito. Non subito, forse. Ma lo ha capito. Ha chiesto tempo per riflettere, per confrontarsi con il suo consulente. Ha messo sulla bilancia i numeri, ma anche la serenità, il futuro della sua famiglia, la dignità personale.
Non è facile, lo sappiamo. Non lo è per nessuno. Ma la verità è che, dopo la paura, spesso c’è solo un passo da fare: decidere. Decidere se continuare a convivere con l’ansia ogni giorno, oppure sedersi con chi ha già affrontato centinaia di casi simili, e costruire un piano.
Un piano reale. Legale. Concreto.
Non sei solo
Se stai leggendo questa storia e ti sembra di riconoscerti, sappi che non sei solo. Sono centinaia gli imprenditori che ogni anno si trovano in situazioni simili, senza sapere a chi rivolgersi, cosa fare, da dove partire.
La crisi non è una colpa. Ma ignorarla lo diventa.
Profiqua è nata proprio per questo: per affiancare chi, come te, ha ancora qualcosa da salvare. Un’azienda, una reputazione, una famiglia, un progetto.
E per farlo servono metodo, esperienza e umanità. Non esistono soluzioni magiche, ma esistono strade che possono portarti fuori da questa gabbia.
Oggi, quel piccolo imprenditore marchigiano non ha ancora finito il suo percorso. Ma ha iniziato. Ha smesso di restare fermo. E questo, credici, fa già tutta la differenza del mondo.
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Se anche tu hai debiti con il fisco, INPS o banche, e non sai da dove cominciare, parla con noi. Ogni giorno aiutiamo imprenditori a uscire da situazioni complesse con soluzioni legali, trasparenti e sostenibili.
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